Presentato il volume “Chiudere il cerchio”

Chiudere il cerchio” è il primo volume di Guido Rumici , docente e storico, presentato giovedì 17 Febbraio, alle ore 18.00 all’incontro settimanale dell’Anvgd Comitato di Milano. L’incontro è stato seguito  alla pagina facebook dell’associazione al seguente indirizzo https://www.facebook.com/groups/2559430654128300.

Pubblichiamo qui di seguito una sintesi relativa alla storia poco conosciuta di Antonio Grabrar sintesi  tratta dal libro di Guido Rumici a firma Anna Maria Crasti del Comitato di Milano Anvgd che ringraziamo per la gentile concessione.

di Anna Maria Crasti « È Antonio Grabar. Parenzo ricorda ai posteri che Antonio Grabar ribelle all’iniqua Casa degli Asburgo fu spento a Cattaro fucilato dagli Austriaci martire di una grande idea- XII febbraio MCMXVIII.

La grande idea era stata essere uno dei capi, o addirittura l’ispiratore, della rivolta di marinai dell’Imperial Regia Marina alle Bocche di Cattaro nel freddo mattino di inizio febbraio del 1918.

Erano marinai di tutte le nazionalità dell’Impero ormai sotto la guida di Carletto piria (Carletto imbuto, ubriacone) come veniva chiamato dal popolino Carlo I. D’Austria, Re Apostolico d’Ungheria,

Erano marinai istriani triestini dalmati isontini imbarcati sul Budapest, Phanter, Novara, Kronprinz Rudolf…che non erano mai tornati a casa da anni, sempre in guerra, che vivevano una vita durissima imposta dalla I.R. Marina, dall’ammiraglio al più umile marinaio.

Alle 12 del 1. febbraio, freddo, grigio, il mare cupo e minaccioso, dalla St. Georg parte un colpo di cannone che annuncia la rivolta tra l’entusiasmo generale, con canti patriottici cantati da gente di tutto l’Impero.

Gli ufficiali disarmati e sorvegliati, la rivolta che si propaga di nave in nave, rapidamente: si chiede la pace immediata, la smobilitazione dell’esercito e della flotta, l’autodecisione dei popoli proposta dal presidente americano Wilson.

Nonostante il comandante dei forti di Cattaro, generale Hauser, intimi la resa e che si riconsegnino le navi entro poche ore, i rivoltosi credono di avere il controllo della situazione. Ben presto i capi della rivolta vedono davanti alle Bocche i sommergibili avanzare e si viene a sapere che da Pola sta scendendo la III Divisione Navale al comando dell’Ammiraglio Vukovic.

Alla mattina del 3 febbraio davanti alle Bocche i rivoltosi scorgono l’imponente III Divisione navale: dall’ammiraglia Erzherzog Karl Vukovic intima la resa senza condizioni entro mezz’ora, in caso contrario aprirà il fuoco sulle navi massacrando decine di migliaia di giovani vite.

Bisogna decidere velocemente, non c’è tempo. Prevale l’umana decisione di evitare innumerevoli vittime. In un silenzio innaturale, si ammainano le bandiere della rivolta, il cuore di quei coraggiosi è in tumulto. Vengono liberati gli ufficiali prigionieri, si arrestano i capi ribelli, sono quasi 400.Tra questi c’è Barba Toni-Antonio Grabar. I membri del Comitato Rivoluzionario vengono arrestati, portati in catene a Teodo e trasferiti, subito, a Scaljari.

Dovrebbero essere giudicati dalla Corte Marziale del Tribunale di Cattaro 40 uomini; ma l’avvocato Mitrovic, fatto arrivare da un triestino, diventa difensore d’ufficio e riesce a farne liberare 18. Per i quattro animatori della rivolta non c’è pietà. Hanno pagato con la vita per aver suscitato il desiderio di libertà tra gli equipaggi delle navi alla fonda delle Bocche di Cattaro.

Barba Toni, dopo aver scavato la fossa con le sue mani, rifiuta la benda, fiero e diritto, sprezzante come tutti i giorni della sua vita, guardando negli occhi i soldati con il fucile puntato contro di lui, viene fucilato per primo, convinto di aver agito per una giusta causa, seguendo l’esempio dei Carbonari, di Garibaldi e di Mazzini che tanto amava.

Anche Barba Toni Grabar, dal volto maschio, con i baffi a manubrio da ribelle, i capelli alla Umberta, il cravattone nero dei repubblicani, aveva contribuito a far cadere la grande illusione, quella che l’Impero asburgico continuasse ad esistere. Entro il novembre 1918 Cecoslovacchia Serbia Croazia e Slovenia proclamano la loro indipendenza; dal 3 novembre a Trieste, in Istria e a Zara sventola il tricolore.

L’undici novembre Carlo d’Asburgo, non più imperatore d’Austria, parte per Madera con la moglie Zita. Barba Toni, martire di una grande idea, aveva anticipato gli eventi. Tratto da Chiudere il Cerchio- volume primo- di Guido Rumici»

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